lunedì 28 dicembre 2009

Discorso Finale

"Agesilao, un grande spartano" Cornerlio Nepote

Testo latino
Sine dubio, post Leuctricam ( = "Leuttra" ) pugnam, Lacedaemonii se numquam refecerunt neque pristinum imperium recuperaverunt , cum interim numquam Agesilàus destitit patriam quocumque modo iuvare. Nam, cum praecipue Lacedaemonii indigèrent ( regge l'ablativo ) pecunia (abl.), quaecumque civitates a rege Persarum defecerant, illis praesidium militare praebuit: a quibus cum magnam pecuniam meruisset, patriam sublevavit. Atque illud fuit admirabile: cum summa munera ab regibus ac dynastis civitatibusque recepisset, nihil ( = "niente" ) umquam domum suam contulit ( da confero ), nihil de victu, nihil de vestitu Lacònum mutavit.
Domo eadem fuit contentus in qua Eurysthenes, progenitor suorum, vixerat: quam qui intraverat, nullum signum libidinis, nullum luxuriae videbat. Sic enim erat instructa, ut in nulla re differret ( = "si distinguesse" ) a domo inopis atque privati. Atque hic tantus vir, ut naturam amicam in talibus animi virtutibus, sic pravum habuit corpus: nam et statura (abl.) fuit humuli et corpore exiguo et claudus altero pede. Quae res etiam nonnullam efficiebat deformitatem, atque ignoti, faciem eius cum viderent, saepe contemnebant, quicumque autem virtutes cognoscebant, etiam magis ( = "ancora di più" ) admiratione incendebantur.



Testo tradotto
Senza dubbio dopo la battaglia di Leuttra gli Spartani non si riebbero più e non riacquistarono l'egemonia di prima, mentre nel frattempo Agesilao non smise mai di aiutare la patria in qualunque modo. Infatti, poiché in particolar modo gli Spartani avevano assoluto bisogno di denaro, egli allora andò in soccorso di tutti quelli che si erano ribellati al re; da loro ebbe in compenso molto denaro e recò sollievo alla patria. Ed a questo proposito, fu soprattutto degno di ammirazione il fatto che quantunque fossero recati a lui ricchissimi doni dai re e dai dinasti e dalle città, egli mai nulla si portò a casa sua, nulla mutò del tenore di vita, nulla del modo di vestire degli Spartani. Visse contento di quella stessa casa nella quale era vissuto Euristene, il capostipite dei suoi antenati; chi vi entrava non poteva scorgerci alcun segno di mollezza, né di lusso. Era infatti così messa che non differiva in nulla da quella di qualsiasi povero e privato cittadino.
E quest'uomo tanto grande, come aveva avuto generosa la natura nella elargizione delle virtù morali, così la sperimentò maligna nelle complessione del corpo: fu di bassa statura ed esile di corpo e zoppo. Questo difetto gli dava anche una certa deformità e quelli che non lo conoscevano, quando guardavano le sue fattezze, spesso lo disprezzavano; ma quelli che conoscevano le sue virtù, bruciavano di ammirazione ancora di più.

Versione latino

Ulisse e Polifemo

Testo latino
Cyclopes genus ferum et agreste erant:in speluncis iuxta mare orientali siciliae ora atiquis temporibus fuerant . ingenti corporis vi praediti,unum oculum in media fronte habebant salubremque pastorum vitam inter oves agebant.famem piscibus vel ovium carne vel caseo extinguebant,sitim lacte.ubi ulixes cum paucis sociis in polyphemi speluncam intraverat,cyclops,hospitalitatis immemor,miseros homines in antro clausit et nonnullos(alcuni) etiam interfecit editque;nam cyclopes omnia deum hominumque iura despiciebant.callidus ulixes tamen polyphemum singulari artificio decepit: postquam graecus vir ei multum vinum praebuerat et cyclops biberat,in sommo turpe monstrum o**** privavit et tali modo e tristi spelunca incolumis tandem evasit.

Testo tradotto

I Ciclopi erano un popolo crudele e selvatico: nei tempi antichi avevano vissuto in spelonche vicino al mare nella regione della Sicilia Orientale. Dotati di una grande forza del corpo, avevano un solo occhio in mezzo alla fronte e conducevano la salubre vita dei pastori tra le pecore. Calmavano la fame con pesci o carne di pecore o con il formaggio, la sete con il latte. Quando Ulisse era entrato con pochi compagni nella spelonca di Polifemo, il Ciclope, incurante dell'ospitalità, chiuse i poveri uomini in un antro e alcuni li uccise perfino e li mangiò; infatti i Ciclopi disprezzavano le leggi di tutti gli dei e degli uomini. Tuttavia l'astuto Ulisse ingannò Polifemo con una singolare astuzia: dopo che l'uomo greco gli aveva offerto molto vino e il Ciclope l'aveva bevuto, privò dell'occhio il turpe mostro nel sonno e in tal modo alla fine uscì dalla triste spelonca incolume.